Quando i barbieri non erano ancora hair stylist ma semplici barbieri, venivano considerati dagli altri artigiani come una categoria leggermente eteroclita; anzitutto per la natura stessa di quel lavoro, frivoletto anche se socialmente utile: era un’arte, sicuro, ma per l’appunto tutti sanno che gli artisti non muoiono certo di fatica, persi come sono dietro le loro fantasie. E di fantasie ne fluttuavano molte, nelle barberie: sulle donne, soprattutto: non le mogli che a volte comparivano sulla soglia della bottega per riprendersi il marito, ma sulle ragazze che occhieggiavano con le gambe fuori e i seni promettenti su certi calendarietti profumati, omaggi riservati ai clienti più intimi e arzilli che li conservavano nei comparti più segreti del portafoglio, piccoli e maliziosi conforti a cui fare ricorso durante la lunga bonaccia matrimoniale. In quell’ambiente cosù maschio la femmina immaneva, inconoscibile, con la forza dell’assenza e della contraddizione, ma un mistero di tutt’altra natura, fra il burocratico e il sindacale, circondava la figura del barbiere, la chiusura del…
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