Raggiunsi il binario n. 6 convinto che avrei potuto apprezzare il tepore del sole e saltare un’ultima volta al di là della linea. Un’estate inclemente, per molti versi, di nuovo gli stessi, inesorabilmente identici e cangianti. La luce calda bagnava il giallo della corsia liminare, quella che gli altoparlanti continuamente indicano evitando di nominarla, riferendosi esclusivamente al segno che la demarca.
Non oltrepassare la linea gialla.
Lo feci. Il calore del sole mi chiamò per nome, dicendomi: “color Francesco”. Mi ricordai di Elsa. Non c’era più! Eppure era già arrivata, anzi, l’avevo persino salutata. Ma dove era andata? Io c’ero già stato, su quel binario. L’avevo percorso in tutta la sua lunghezza per dieci minuti, ma era accaduto tanto tempo prima. Elsa mi aveva raggiunto con una mano che era rimasta sospesa nell’aria per alcuni secondi, come diversi altri gesti, quel giorno.
Sì, ma quale giorno?
Ero rimasto solo, insieme al…
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